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L' uomo crea dei contorni, cerca e traccia un sentiero per raggiungere quello che riposto in un cassetto o frantumato dalla realtà è detto sogno. Noi ne abbiamo espresso uno… quello di regalare musica e gioia durante le nostre esibizioni, di far allontanare da quella stessa realtà frantumatrice chi sogna come noi, di far ballare e far rivivere i vecchi ed i nuovi suoni in un connubio di sana realtà.
Il nostro sogno presto è divenuto un lavoro discografico "SOGNU", che si tinge di etnico popolare utilizzando colori tradizionali e nuovi argomenti.
Il “Sognu” della musica pop(olare) degli Amakorà
Di Nicola Mirenzi (Giornalista La7 e scrive per Huffington Post)
Si chiama Sognu il primo disco degli Amakorà: un gruppo di giovani musicisti di Vazzano cresciuto suonando le canzoni popolari rimaste impigliate nella memoria collettiva del paese in provincia di Vibo Valentia in cui vivono, e che ora ha deciso di mettersi in proprio per scrivere canzoni tutte sue (aggiungendo anche musicisti di altre città). Rimane l'ispirazione folk, in queste dieci tracce confezionate con il piglio degli archeologi, con i suoni che scavano in un passato che nessuno di loro ha mai conosciuto se non nei racconti dei padri dei loro padri e che pure si sforzano di far rivivere.
La purezza però non è di questo mondo e in brani come Passi d'Amuri, Notti e Sognu gli arpeggi delle chitarre richiamano i suoni pop della canzoni che vanno alla grande nelle radio. Sono i momenti migliori dell'album, quelli in cui i tempi si mescolano e ieri e oggi se ne vanno a braccetto per le orecchie dell'ascoltatore. È il loro sogno (da qui il titolo dell'album), quello di contaminare i vecchi e i nuovi desideri e far ballare le persone nelle piazze in cui si esibiscono.
Sono riusciti nel loro intento il 30 giugno, suonando all'anteprima del "Calabria Sona" a Locri. E a giudicare dalle loro agenda tutta piena per il tour estivo ci riescono spesso. Chi vuole potrà provare l'effetto che fa ascoltarli dal vivo andando allo "Spadola loves folk" il primo agosto, dove suoneranno insieme ad altre band.
Certo, se fosse finita qui, gli Amakorà sarebbero una delle tante band che in questi anni hanno riscoperto la musica tradizionale calabrese e l'hanno riproposta. Invece questi ragazzi oltre a essere dei musicisti sono anche dei ricercatori, e con l'associazione omonima che dirigono si sono messi sulle tracce dei suoni, degli strumenti e della cornice culturale che ha prodotto la musica folk a cui si ispirano. Ed è per questo sovrappiù di indagine che il rinascimento della musica popolare che essi propongono non è affatto convenzionale e scontato.
Si scorge nei testi e nelle musiche del loro album una mancanza di integralismo che è come una finestra aperta sulla modernità. Il revival della musica popolare calabrese, a parere di chi scrive, ha infatti il limite di non riuscire ad andare oltre – se non in casi eccezionali come quello di Mimmo Cavallaro – i confini della Calabria stessa. Nella musica degli Amakorà si intravede invece la possibilità – ancora non del tutto sviluppata – di rendere queste melodie a noi familiari attraenti anche per chi calabrese non è. Infatti – a saperlo fare come hanno fatto in Puglia – la musica folk può benissimo diventare pop, cioè di tutti.
Sì, sappiamo bene che molte di queste band considerano la parola pop una bestemmia: ma non lo è affatto. Essa è solo l'abbreviazione dell'aggettivo inglese popular, che traddota in italiano significa appunto pop(olare) e indica una musica capace di arrivare a un pubblico vasto. Senza il quale, sinceramente, non si capisce cosa ci sia di popolare nella rinascita folk calabrese. Ovvio: è un sogno impegnativo, questo di far uscire la Calabria dalle sue recinzioni. Ma il gioco non vale la candela?
Recensione redazioni PonteRadio Unical
Debora Magurno
Una presentazione simile può essere davvero riduttiva poiché, signore e signori dall’orecchio raffinato, il sound del gruppo etnico-